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Il cuore del mondo: antologia degli scritti / John Henry Newman
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Newman, John Henry <1801-1890>

Il cuore del mondo: antologia degli scritti / John Henry Newman

Rizzoli, 1994

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Ardua e ammirevole l’impresa di Onorato Grassi, che ha curato Il cuore del mondo, una antologia di scritti di John Henry Newman, il teologo inglese deceduto quasi novantenne nel 1890, convertito dall’anglicanesimo al cattolicesimo, tanto stimato dai fedeli di entrambe le confessioni. Il libro si articola in cento brevi capitoli, che comprendono considerazioni che spaziano dalla scienza alla fede, dalla ragione ai sensi, dalle origini e benefici del cristianesimo fino all’autorità nella Chiesa. I passi riportati sono estratti da diverse delle numerosissime opere di Newman (alcune certo di non immediata comprensione a chi non abbia alle spalle qualche nozione di filosofia), principalmente la Grammatica (più nota in traduzione italiana come Grammatica dell’assenso), la Apologia pro vita sua, i Sermoni (“Anglicani, Cattolici e Universitari”). Ecco un passo significativo, di capitale importanza per l’acquisizione della “certezza per fede”, non meno ragionevole della certezza che si acquisisce con gli strumenti delle scienze empiriche.
-La ragione non percepisce realmente alcuna cosa, ma è la facoltà di procedere dalle cose percepite a quelle che non lo sono, l’esistenza delle quali essa ci garantisce in base all’ipotesi che un altro fatto sia conosciuto come esistente, o, in altre parole, assunto come vero. (…) Essa è perciò la facoltà di acquisire conoscenze su basi date, il suo esercizio consiste nell’asserire una cosa a causa di qualche altra cosa e, quando tale esercizio è condotto correttamente, porta alla conoscenza, altrimenti all’apparenza, all’opinione o all’errore. Ora, se questa è la ragione, un atto o processo di fede, semplicemente considerato, è certamente un esercizio della ragione.
In un altro passo (il capitoletto 31 dell’antologia curata da Onorato Grassi), il teologo inglese precisa quanto sia importante la conoscenza sensibile, rilevandone però tutte le implicazioni che la connettono alla ragione umana.
-Uno dei primi atti della mente umana è quello di afferrare e far proprio ciò che si presenta ai sensi, e qui sta la distinzione fondamentale tra il loro uso da parte dell’uomo e da parte di un bruto. Gli animali bruti si fissano su ciò che vedono, e sono bloccati dai suoni; e quello che vedono e odono sono principalmente visioni e suoni soltanto. L’intelletto dell’uomo, al contrario, rende operanti tanto l’occhio quanto l’orecchio, e percepisce nelle visioni e nei suoni qualche cosa al di là di essi. Esso apprende e unisce quel che i sensi gli presentano; afferra e forma quel che non è necessario sia stato visto o udito tranne che nelle sue parti costitutive. Distingue nelle linee e nei colori, o nei toni, quel che è bello e quel che non è tale. Conferisce loro un significato, un’idea.
   Altrove (nella Apologia) l’autore racconta del suo abbandono dell’Anglicanesimo, a seguito di un lungo travaglio che lo porta a professare la fede cattolica e la sottomissione al papa.
-Com’era mirabile quello che mi accadde! Io non lo avevo cercato; leggevo e scrivevo, secondo le mie abitudini di studioso, su quel che si chiama un “argomento metafisico”, fuori dalle controversie del tempo; ma vidi chiaramente che nella storia dell’eresia ariana, gli ariani puri erano i protestanti, i semi-ariani erano gli anglicani e Roma era sempre la stessa, allora come oggi. La verità non stava nella ‘Via Media’, ma nel cosiddetto ‘partito estremo’.
È poi parimenti fondamentale, a questo proposito, in Newman, la presa di coscienza della Chiesa come organismo vivente; è questo infatti che gli consente di abbandonare la "via media" per abbracciare la fede e l’autorità suprema del Vescovo di Roma. I dogmi formulati dall'autorità della Chiesa non sono più considerati come una interpretazione arbitraria di uomini fallibili, ma come il necessario sviluppo di un essere vivente che può e deve crescere con uno sviluppo armonioso e costante. Riprendendo la questione in un’altra sua opera, il teologo inglese si proclama certo che “l’attuale comunione romana è di fatto quella che maggiormente si avvicina alla Chiesa dei padri” e che “se Sant’Ambrogio e Sant’Atanasio tornassero all’improvviso in vita non vi ha dubbio quale confessione riconoscerebbero come la loro”.
Non meno interessanti - e finalmente anche di scorrevole lettura - le pagine che trattano dei primi cristiani e del benefici del cristianesimo nella storia.
-Il pensiero o l’immagine di Cristo fu il principio della conversione e della compagnia [dei primi Cristiani] e ottenne il suo successo più grande tra le classi inferiori, che non avevano potere, influenza, reputazione o educazione. (…) Sappiamo tutti che questo fu appunto il caso di Nostro Signore e dei Suoi Apostoli. (…) Che i convertiti appartenessero al loro stesso ceto viene riferito, in loro favore o a loro discredito, da amici e nemici, per quattro secoli.
Interminabile l’elenco dei benefici portati dai seguaci di Cristo: “Quel corpo militante ha fin dall’inizio riempito il mondo, ha ottenuto splendidi successi e i suoi insuccessi, in complesso, sono stati di estremo beneficio per la razza umana. Esso ha impartito una nozione intelligente del Dio Supremo a milioni di persone che sarebbero vissute e morte senza religione; ha elevato il tono della moralità dovunque è giunto; ha abolito grandi anomalie sociali e miserie; ha elevato il sesso femminile alla sua propria dignità; ha protetto le classi più povere, distrutto la schiavitù, incoraggiato la letteratura e la filosofia e ha avuto un ruolo fondamentale in quella civilizzazione del genere umano che, pur con alcuni mali, ha tuttavia prodotto un bene nel complesso più grande”.
(Gregorio Curto_05-01-2020)

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