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Mondadori, 28/10/2014
Abstract: Don Pino sorride. Un sorriso strano, quieto, come emerso dal profondo del mare quando la superficie è in tempesta. Mi ricordo ancora la prima lezione con lui. Si era presentato con una scatola di cartone. L'aveva messa al centro dell'aula e aveva chiesto cosa ci fosse dentro. Nessuno aveva azzeccato la risposta. Poi era saltato sulla scatola e l'aveva sfondata. "Non c'è niente. Ci sono io. Che sono un rompiscatole." Ed era vero. Uno che rompe le scatole in cui ti nascondi, le scatole in cui ti ingabbiano, le scatole dei luoghi comuni, le scatole delle parole vuote, le scatole che separano un uomo da un altro uomo. Federico ha diciassette anni e il cuore pieno di domande alle quali la vita non ha ancora risposto. La scuola è finita, l'estate gli si apre davanti come la sua città abbagliante e misteriosa, Palermo. Mentre si prepara a partire per una vacanza-studio a Oxford, Federico incontra "3P", il prof di religione: lo chiamano così perché il suo nome è Padre Pino Puglisi, e lui non se la prende, sorride. 3P lancia al ragazzo l'invito a dargli una mano con i bambini del suo quartiere, prima della partenza. Quando Federico attraversa il passaggio a livello che separa Brancaccio dal resto della città, ancora non sa che in quel preciso istante comincia la sua nuova vita, quella vera. La sera torna a casa senza bici, con il labbro spaccato e la sensazione di avere scoperto una realtà totalmente estranea eppure che lo riguarda da vicino. È l'intrico dei vicoli controllati da uomini che portano soprannomi come il Cacciatore, 'u Turco, Madre Natura, per i quali il solo comandamento da rispettare è quello dettato da Cosa Nostra. Ma sono anche le strade abitate da Francesco, Maria, Dario, Serena, Totò e tanti altri che non rinunciano a sperare in una vita diversa, che li porti lontano quanto il pallone quando lo si calcia fortissimo nel campetto di terra battuta. Le strade dove si muove Lucia, che ha il coraggio di guardare il mondo con occhi luminosi e di non voler fuggire, perché il solo lievito per un cambiamento possibile è nascosto tra le mani di chi apre orizzonti dove il destino prevederebbe violenza e desolazione. Con l'emozione del testimone e la potenza dello scrittore, Alessandro D'Avenia narra una lunga estate in cui tutto sembra immobile eppure tutto si sta trasformando, e ridà vita a un uomo straordinario, che in queste pagine dialoga insieme a noi con la sua voce pacata e mai arresa, con quel sorriso che non si spense nemmeno di fronte al suo assassino, con il coraggio di chi nell'atto stesso di morire insegna come vivere a noi che restiamo. Un uomo semplice ma capace di generare la sola epica possibile oggi: quella quotidiana, conquistata passo dopo passo sul confine tra luce e lutto, parola e silenzio. Unendo il respiro antico di una narrazione corale e l'intensità di un'invocazione, questo romanzo ci parla di noi, della possibilità - se torniamo a guardare la vita con gli occhi dei bambini che tutti siamo stati - di riconoscere anche in mezzo alla polvere ciò che inferno non è.
13 settembre 2023 alle 16:47
In un breve arco di tempo (l’estate del 1993) e in un’unica città (Palermo) si svolge la vicenda narrata in Ciò che inferno non è, protagonista padre Pino Puglisi, chiamato scherzosamente dai suoi alunni 3P (soprannome che lui stesso non ritiene per nulla offensivo) e dai capi-mafia locali ’u parrinu.
A Palermo convivono fianco a fianco gli abitanti di due mondi: i benestanti dei quartieri eleganti e i disagiati di Brancaccio, in quartiere povero vessato dalla mafia. Don Pino è originario di Brancaccio, dove è tornato dopo alcuni anni, nei quali ha svolto il suo ministero sacerdotale altrove: insegna religione in un liceo ed impiega tutto il suo tempo e le sue forze, l’intelligenza e il cuore, per combattere le ingiustizie ed alleviare le pene della povera gente. Ha raccolto tanti bambini in un centro ricreativo chiamato Padre Nostro, dove i piccoli trovano ben altro che la semplice possibilità di giocare: possono infatti incontrare lui, don Pino, e - tramite lui – Gesù, un’amicizia, un conforto, un perdono insperato, un angolo di ‘ciò che inferno non è’.
Don Pino si batte inoltre perché a Brancaccio si possano costruire una scuola per gli adolescenti e un luogo di ritrovo e di formazione per gli adulti, utilizzando un vecchio palazzo, diventato da tempo il covo delle tresche dei mafiosi. “Da mesi sto cercando di farmi dare gli scantinati di questo palazzo. Sono del Comune, ma sono occupati e vengono usati per le cose peggiori” – confida a Federico, suo alunno, diciassettenne di una famiglia palermitana agiata. Degli abitanti di Brancaccio dice che vivono “come possono. C’è chi lavora in nero, se va bene, altrimenti contrabbando di sigarette, spaccio di droga, prostituzione… Molti sono agli arresti domiciliari, altri in carcere. Quasi tutti sono analfabeti, i bambini non vanno a scuola e imparano il lavoro dei genitori, qualunque sia. Il resto lo fa la strada”. Sembrerebbe un inferno, ma 3P ha ben chiaro che l’inferno non è dove, ma come sei: “Togli l’amore e avrai l’inferno… metti l‘amore e avrai ciò che inferno non è”, dice a Federico; e per questo, cioè per strappare dall’inferno chi poteva incontrare, lui stesso ha lottato fino al martirio: “Se nasci all’inferno hai bisogno di vedere almeno un frammento di ciò che inferno non è per concepire che esista altro. Per questo bisogna cominciare dai bambini”.
Un giorno don Pino invita Federico a venire a Brancaccio: potrà così dargli una mano a far giocare i bambini del Centro Padre Nostro. Federico accetta e pian piano – è lui stesso, nel romanzo, a narrare in prima persona le vicende che lo riguardano direttamente – viene travolto e conquistato dalla missione del suo insegnante di religione, fino a decidere di rinunciare al suo soggiorno-studio in Inghilterra (programmato per quell’estate del 1993), ad imbattersi nella diffidenza dei bambini del centro, a subire il furto del suo motorino e pesanti percosse dai nemici di Don Pino. ’U parrinu però non odia nessuno, neppure i mandanti o gli esecutori del delitto che porrà fine alla sua vita, ma non alla sua missione. Morirà infatti col sorriso sulle labbra, dopo avere mostrato a grandi e piccoli amore e dedizione incondizionati.
Le storie delle persone incontrate da 3P e da Federico si intrecciano in uno splendido drammatico arazzo… e sono le più varie e imprevedibili: le avventure del piccolo Francesco e di sua mamma; lo sconforto e le speranze della bambina con la bambola, che vuole raggiungere il papà ‘dove il mare tocca il cielo’ o ‘dove terminano i binari della ferrovia’; l’entusiasmo e la tenacia di Totò, che imparerà a suonare la chitarra di Manfredi, il fratello di Federico; il dramma di Giuseppe, che ruba le autoradio su commissione impostagli dal padre. Tra le giovani e le giovanissime ci sono la mamma di Francesco, che vuole un gran bene al suo bambino; Maria, aiutata in tutti i modi da don Pino perché smetta di prostituirsi; Serena, violentata e resa incinta da un mafioso; l’intraprendente e mite Lucia, regista dello spettacolo preparato per la festa del cinquantaseiesimo compleanno di 3P. Con tutti, ma come a ciascuno si addice, don Pino è amabile e risoluto. A Francesco dice un giorno che la solitudine che ha provato dopo aver preso a calci e ucciso un cane randagio è l’inferno: “l’inferno è tutte le volte che decidi di non amare o non puoi amare”. Poi gli suggerisce di chiedere perdono ‘a Gesù, e poi al cane’. “Francesco racconta del cane, e poi di quella volta che ha sputato al suo amico Antonio , di quando ha dato dei pugni a sua madre, ha rubato la bicicletta, ha bruciato due lucertole e la coda di un gatto, ha tirato le pietre a quelli dell’altra squadra e ha rotto la testa a un bambino”… e don Pino, dopo avergli chiesto ‘solo questo?’: “E io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Conclude poi, davanti allo stupore del bambino che gli chiede ‘Che hai fatto?’: “Io niente. Dio ha cancellato l’inferno. Quelle cose non sono mai esistite, cancellate”.
Federico è un poeta, innamorato del Petrarca, ma poi impererà ad apprezzare maggiormente Dante. La sua vena si esprime in alcuni componimenti (l’ultimo dedicato a Lucia), ma la poesia, nel romanzo, non è solo nei suoi versi, ma anche e soprattutto nelle mille metafore e similitudini che costellano la narrazione di D’Avenia, come quelle del mare, dei pensieri, della notte:
-Oggi il mare brilla così tanto: sembra che il sole gli abbia soffiato dentro
-Ma ci sono pensieri che non pensiamo, sono loro che pensano noi, come le parole delle canzoni che tornano in mente senza averle evocate
-La notte già inchiostra il mare e con calma accarezza l’immenso porto, le cui luci fanno eco alle prime stelle. Sembra che possa accadere qualunque cosa, una creatura uscire da quel liquido nero sotto forma di sirena, di tritone, di mostro marino.
(Gregorio Curto – 2023-09-07)
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